Robinhood ha una mission che è alla base del suo stesso nome: l’app di trading online che furoreggia tra i giovanissimi vuole fermamente aprire la finanza a tutti, far accedere tutti al mondo dorato di Wall Street. I due fondatori, Vladimir Tenev e BaiJu Bhatt – in due non superano i 70 anni – avevano messo in chiaro fin dall’inizio che il loro obiettivo era “democratizzare” la grande finanza.
Come l’hanno fatto? Azzerando le commissioni, aprendo conti senza importi minimi, permettendo il trading di azioni frazionate e, soprattutto, con una semplicità d’uso che non ha eguali. Passare dall’intenzione all’ordine per un “robinhooder” è questione di secondi, anche per quanto riguarda prodotti più sofisticati e rischiosi come le opzioni. Una facilitazione che non è stata accompagnata da un’adeguata alfabetizzazione degli utenti, giovanissimi senza grande esperienza e cultura dell’investimento, dei mercati, degli strumenti e dei rischi connessi. Fare trading diventa semplice come acquistare un prodotto qualsiasi su Amazon. Che evidentemente non è la stessa cosa.
Ci sono state conseguenze tragiche, a partire da un giovane che la scorsa estate si è suicidato dopo aver visto un perdita colossale sul suo conto: non era vero, lui non era in grado di leggere i dati, ma ormai era troppo tardi per spiegarglielo. La Sec ha aperto un’inchiesta per capire quanto gli investitori fossero davvero in grado di investire.
In assenza di esperienza, i giovani “robinhooder” hanno le loro strategie di investimento: una delle più in voga è quella di andare controcorrente, scegliere titoli ridotti al lumicino e scommettere sulla loro ripresa, puntando anche sul fatto che erano in grado di muoversi in massa: il periodo di lockdown per Robinhood ha significato un aumento di tre milioni di utenti a 13 milioni. Insomma non noccioline, un “parco buoi” che può arrivare a una massa d’urto non indifferente, tanto più se organizzato in community online dove il passaparola diventa onda. Era successo così quest’anno con Kodak e Hertz, titoli di società senza più modelli di business o sull’orlo del fallimento.
Ed è successo così anche con Gamestop, catena di negozi di videogiochi messo in crisi dalla virtualizzazione dei videogame, il cui titolo era nel mirino degli hedge fund che avevano scommesso pesantemente al ribasso. I “robinhooder” sono entrati in campo nella partita: il titolo che sei mesi fa arrancava per rimanere sopra i 4 dollari è arrivato questa settimana a un picco di 468 dollari: lauti guadagni per i piccoli, pesanti perdite, nell’ordine dei miliardi di dollari, per i big.
Anche questa è democratizzazione? Senz’altro anche per la finanza si apre uno scenario nuovo incentrato sulla disintermediazione. La tecnologia abbatte le barriere all’ingresso, permette a nuovi player di entrare con servizi innovativi, rompe gli equilibri precedenti. La Sec è scesa in campo minacciando azioni per manipolazione del mercato. Il digitale crea un paradigma nuovo che apre interrogativi nuovi: davvero il passaparola di milioni di individui può essere configurato come manipolazione del mercato? Dove finisce la chiacchiera da bar e inizia l’azione concordata? Perché l’azione di un solo player che raccoglie i soldi di milioni di persone è privilegiata rispetto a milioni di individui che si muovono da soli, anche se in maniera in qualche modo concordata?
Non ci sono risposte, certo è che anche per la finanza si aprono scenari già visti che hanno rivoluzionato altri settori, laddove il digitale ha sconvolto gli equilibri precedenti. In questo rientrano anche le criptovalute, simbolo per eccellenza della disintermediazione in ambito finanziario. La rottura di Libra, per fare un esempio, è stata neutralizzata, ma ha accelerato i piani di valute digitali di Stato. La tentazione è limitarsi a chiudere, censurare, bloccare. Più che naturale e ovvio. Ma serve un dibattito approfondito.
Le risposte semplicistiche servono a poco. Anche a quei “piccoli” che hanno visto crollare i n poche ore le azioni Gamestop da oltre 400 dollari e le hanno viste crollare fino a 126. E hanno realizzato solo in quel momento che comprare azioni non è esattamente come ordinare un gioco su Amazon.
Di Robinhood e dell’innovazione che si sviluppa all’incrocio tra tecnologia e finanza parliamo ogni settimana con Fintech+