“Stiamo adottando questa azione necessaria a beneficio dell’intera nostra community per poter stabilizzare la liquidità e l’operatività mentre prendiamo le azioni per preservare e proteggere gli asset”. Così, con un freddo post sul blog aziendale, Celsius ha motivato la decisione improvvisa di congelare ritiri, trasferimenti e swap di asset dai propri conti.
Una scelta che ha fatto crollare nuovamente l’intero comparto delle criptovalute, sceso al di sotto dei mille miliardi di dollari di capitalizzazione e bitcoin caduto ai minimi da un anno e mezzo, lasciando presagire la possibilità di un default che avrebbe potuto far sparire gli asset digitale depositati. D’altra parte è troppo fresca la vicenda di Terra Usd per non far presagire il peggio dopo gli eccessi del recente passato.
Ma cosa fa precisamente Celsius, piattaforma di crypto lending, uno dei servizi più utilizzati nell’ambito della finanza decentralizzata, facendo da ponte con gli investitori retail.
Di fatto è come se fosse una banca tradizionale, che concede prestiti al consumo, ma in maniera decentralizzata, solo sulla base di smart contract che gestiscono l’intera operazione. I depositi in criptovalute vengono impiegati in maniera automatica dalla piattaforma, per lo più a soggetti istituzionali.
Celsius, così come le altre grandi piattaforme di lending colme BlockFi e Nexo, si tiene una parte degli interessi, ma l’utente, il possessore delle criptovalute, incassa tassi variabili tra il 10 e il 15 per cento. Tassi che quindi danno l’idea dell’alta rischiosità delle operazioni in questione. Nonostante questo più di un milione di persone ha utilizzato il servizio lo scorso anno, quello in cui la DeFi è esplosa in termini di numeri: parliamo di oltre 250 miliardi di dollari rispetto a neanche un miliardo l’anno prima.
Quello che è successo – in questo con diverse somiglianze con il mondo della finanza tradizionale, a dire il vero – è che queste piattaforme hanno iniziato anche a dedicarsi ad altri prodotti finanziari più complessi, che alla fine hanno drenato risorse dal core business. E questo ha aumentato il rischio per gli investitori: come sempre c’è chi rischia di perdere somme ingenti.
Tanto più che, ovviamente, il mondo della finanza decentralizzata non è soggetto ad alcuna regolamentazione e quindi, a differenza delle banche tradizionali, non hanno alcuna garanzia sui fondi: quel che è perso, è perso!
Forse i moniti sui rischi per la stabilità finanziaria globale sono un po’ esagerati. Ma di sicuro il mondo della DeFi non può proseguire all’insegna di una trasparenza che sembra inesistente. Qualche tentativo di “istituzionalizzare” questo mondo è stato avviato. Ma forse con approcci troppo timidi.