Da tempo il nemico economico del mondo è la deflazione, il fenomeno di riduzione dei prezzi al consumo – il contrario dell’inflazione, insomma – che denuncia l’assenza di domanda, di richiesta per i beni e i servizi disponibili sul mercato. Non c’è richiesta e quindi le aziende diminuiscono i prezzi per cercare di convincere i consumatori all’acquisto. Con tutta una serie di conseguenze, a partire dal fatto che le imprese guadagnano meno e sono quindi costrette a ridurre i proprio costi, magari mettendo mano a licenziamenti dei dipendenti. In poche parole è una spia d’allarme di una situazione di crisi economica, come quella che stiamo vivendo dal 2008-2009.
Governi e istituzioni cercheranno di mettere mano alle armi a loro disposizione per ridare fiato ai consumi, a sconfiggere la deflazione e portare inflazione nell’economia, cioè far salire i prezzi. E’ quello che prova a fare il Governo quando aumenta la spesa pubblica sforando il deficit previsto dalla Ue e quello che tenta la Banca centrale europea con il quantitative easing, l’acquisto di titoli di stato per far circolare denaro nell’economia. Finora senza risultati di rilievo, visto che l’inflazione (l’aumento dei prezzi al consumo) è sempre stagnante attorno allo zero.
Effetto petrolio
Questa settimana c’è però una novità che lascia presagire una ripresa dell’inflazione. Che però non è quella voluta! Cerchiamo di capire perché.
I paesi produttori di petrolio, riuniti nell’Opec, hanno raggiunto un accordo per ridurre l’estrazione di greggio con l’obiettivo di aumentare le quotazioni, cosa che è puntualmente successo sui mercati, dove il petrolio è tornato sopra quota 50 dollari. Il che vuol dire che le economie occidentali, ancora molto dipendenti dal petrolio, vedranno riaccendersi il livello dei prezzi. Il settore energetico è uno di quelli che più pesano sul costo della vita. Il petrolio è fondamentale per il riscaldamento e per il trasporto. Ma pesa anche per i suoi effetti indiretti: si pensi alla produzione agricola e alla manifattura industriale, che comunque hanno bisogno di petrolio per far funzionare le loro macchine.
Prima bisogna vedere se queste previsioni si realizzeranno. Ma in ogni caso non è l’inflazione che viene auspicata dagli economisti, quella che dovrebbe segnalare una reale ripresa dell’economia. Si tratta infatti di un’inflazione provocata unicamente dall’aumento di prezzi indipendente dall’andamento dell’economia, un aumento del petrolio dettato solo dall’accordo dei paesi produttori.
L’inflazione “buona” che si sta cercando di innescare è invece quella dettata da un aumento reale dei consumi e dei salari, quello che segnala una ripresa dell’economia e della fiducia delle persone, in grado così di aumentare la propria spesa e favorire un aumento della produzione. Al contrario quella innescata dall’aumento del petrolio potrebbe a sua volta andare a deprimere ulteriormente l’economia: le persone si troverebbero a spendere più soldi per il riscaldamento invernale o per il pieno della vettura, le aziende vedrebbero risalire le loro bollette energetiche. Senza però vedere migliorare la domanda o le vendite. Si tratta solo di scenari teorici, ma non del tutto impossibili.