Rieccoci con lo spread!

Una parola dal suono un po’ aspro, diventata familiare a tutti, spesso foriera di brutte notizie. Dopo un periodo di oblio, si torna a parlare di spread! Perché. Partiamo rinfrescando le idee.

Cos’è lo spread?

Di per sé è un concetto semplice, è un differenziale, la differenza tra due valori. In gergo finanziario è diventato sinonimo di credibilità e di affidabilità di un paese. In effetti l’elevato debito che grava su tanti paesi – e l’Italia è uno dei più indebitati – richiede che i singoli stati chiedano in prestito fondi per ripagare i propri debiti. A questo servono i titoli di stato che altro non sono che strumenti con il quale cittadini e grandi istituzioni prestano soldi allo stato in cambio di un rendimento, di un tasso di interesse, proporzionale al grado di affidabilità dello stato, alla sua capacità di restituire i soldi e, quindi, alla sua solidità finanziaria. Se ci pensate è ovvio: se io presto i soldi a un amico, che ha un lavoro e un suo patrimonio, non mi faccio molti problemi, ma se devo prestarne a uno sconosciuto, che fa lavoretti occasionali ed è noto perché sperpera soldi in bevute e scommesse, è un altro conto.

Così funziona anche per i governi. La Germania ha una reputazione di buona pagatrice e quindi riesce a raccogliere fondi sul mercato a tassi relativamente bassi, tanto più in un periodo come quello attuale di tassi praticamente a zero. Invece l’Italia è nota soprattutto per avere un debito molto elevato, tra i più alti del mondo, e per non essere così diligente nel tenere in ordine i propri conti.

Per vendere titoli del debito sul mercato l’Italia avrà quindi bisogno di concedere rendimenti più alti della Germania. Ed ecco che scende in campo lo spread: per misurare la differenza di affidabilità percepita sui mercati si usa il termometro della differenza tra i tassi sui titoli di stato di uguale durata. Così quando i giornali parlano genericamente di spread si intende la differenza tra i rendimenti dei Btp italiano a dieci anni e i Bund tedeschi di analoga durata. Ma lo spread può essere anche con altri titoli di stato: a volte si fa riferimento allo spread italiano con la Spagna, paese ritenuto simile all’Italia come credibilità sul mercato, anche se con un debito inferiore.

Perché si torna a parlare di spread?

Se lo spread tra Italia e Germania si allarga vuol dire che i mercati finanziari percepiscono che l’Italia sta diventando più rischiosa. E’ quello che è successo in quest’ultimo periodo. Prima l’incertezza seguita all’elezione di Trump alla Casa Bianca ha premiato i prodotti finanziari più affidabili e quindi ha provocato un’ondata di vendite sui titoli più rischiosi come quelli italiani: il meccanismo dei titoli di stato prevede che un calo dei prezzi faccia automaticamente salire il rendimento. E quindi l’aumento dello spread con i rendimenti tedeschi.

In questo clima si sono innescati i timori legati al referendum costituzionale di domenica prossima. L’esito incerto del voto e il timore che una vittoria del No possa portare a un periodo di instabilità politica in Italia ha innervosito ancora di più i mercati. Tanto più che la vittoria di Trump in America lascia presagire la possibilità di un’espansione dell’ondata populista anche in Europa, con la possibile affermazione delle forze contrarie al progetto di integrazione europea. L’euro sarebbe ad alto rischio, insomma. E, a dispetto di quello che si può pensare dell’euro, l’ipotesi di una disintegrazione della moneta unica lascerebbe l’Italia esposta a tutte le sue fragilità. Ecco perché lo spread tra Italia e Germania tende ad allargarsi. E nei prossimi giorni le tensioni non si allenteranno di certo.

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