Il mondo è sempre più affamato di istruzione. E soprattutto guarda alla laurea e all’istruzione terziaria come grimaldello per garantirsi un futuro migliore nel mondo del lavoro. Quasi la metà dei “giovani adulti” fino a 34 anni ha completato il percorso formativo con una laurea o anche oltre. E non c’è dubbio che questa scommessa alla fine paghi: un laureato ha molte più probabilità – dieci punti percentuali in più – di trovare lavoro e guadagna il 56% in più di un coetaneo che si sia fermato al diploma. Per di più sono in grado di reagire meglio alla crisi, tanto che oggi il livello di occupazione tra i laureati è tornato ai livelli pre-2008. E soffrono meno di depressione.
Si tratta di valori medi, pubblicati oggi nel rapporto dell’Ocse dedicato ai sistemi scolastici del mondo industrializzato, ma che danno un’idea chiara della necessità di un’istruzione adeguata per permettere ai giovani di affrontare le sfide della nuova era della conoscenza e di un mondo del lavoro che rimane per molti versi un’incognita.
Per essere adeguata l’istruzione deve anche essere di qualità, garantire agli studenti le competenze e gli strumenti necessari per affacciarsi sul futuro. In teoria questo lo sostengono tutti. Poi però la spesa in istruzione non sempre tiene il passo dell’economia e la professione di insegnante non è certo tra le più appetibili. Come registra sempre l’Ocse, il livello di stipendi dei docenti, dalla primaria all’università, rimane comunque più basso rispetto alla media degli altri settori, a parità di titolo di studio. Insomma, per un giovane che deve decidere la carriera nel mondo dell’educazione rimane ovunque poco attraente.
In un mondo in cui l’istruzione diventa ancora più fondamentale spicca in termini decisamente negativi l’Italia che ha poco da sorridere. Ci si consola con una buona formazione secondaria professionale. Ma il resto è sconsolante: bassissimo livello di laureati – il 18%, peggio di noi fa solo il Messico -, tempi lunghi per finire il percorso di formazione, grande prevalenza degli insegnamenti umanistici rispetto a quelli scientifico-tecnici che garantiscono maggiore occupazione, spesa per l’istruzione in calo (-7%). E, come se non bastasse, insegnanti vecchi e pagati ancora meno della media internazionale, il che vuol dire spesso poco motivati e motivanti. Il che non vuol dire che ci sia nella scuola italiana una fetta di insegnanti che eccellono per passione e innovazione nel loro lavoro, premiati in questo dai ragazzi.
Ma si tratta di esperienze che fanno fatica a diventare “sistema” generalizzato. Rimane una consolazione in prospettiva: se quasi due terzi degli insegnanti hanno oggi più di 50 anni vuol dire che nel prossimo decennio si prepara una sostituzione massiccia nelle classi. E’ una sfida che non si può perdere.
Leggi i pezzi sul rapporto Ocse:
Italia maglia nera di laureati. E’ boom di titoli umanistici
Agli ultimi posti per spesa in istruzione e stipendi degli insegnanti