Che ci sia un po’ di nausea da schermo digitale è un dato che va emergendo in maniera generalizzata (millennials esclusi). Non sono pochi quelli che, appena possibile, tornano alla cara vecchia carta, supporto che sembra conciliare una lettura più meditata e lenta. Lo confermano anche i dati più recenti sulla lettura che nei principali mercati sembra confermare un ritorno del libro fisico a spese dell’ebook. Sia Stati Uniti che Gran Bretagna segnalano un trend simile: una flessione che varia tra il 17% fino a quasi il 19% per le versioni digitali, che va di pari passo con un recupero tra il 4 e il 7% dei volumi cartacei, su numeri di solito ben più elevati. In Italia, invece, forse perché partita più tardi, il libro digitale cresce a ritmi vertiginosi (21%) ma con volumi decisamente ridotti (62 milioni di euro) rispetto al mercato del libro nel suo complesso (1,22 miliardi)
Insomma, l’editoria non sembra avviata in tempi brevi allo stesso destino dell’industria musicale, travolta in pochi anni dalla musica liquida, prima in mp3 ora in streaming. A dir la verità anche la musica sta registrando una ripresa della componente fisica: il caro vecchio vinile sta recuperando terreno a ritmi percentuali vistosi, ma partendo da volumi ormai ridottissimi. Si tratta di una nicchia di appassionati che curano soprattutto quella qualità della musica, che si va perdendo nella versione digitale. Ma che tale è destinata a rimanere. Invece il libro di carta rimane comunque la componente di gran lunga prevalente, pur tra andamenti altalenanti.
C’è da segnalare però che alcuni analisti tendono a ritenere inaffidabili i dati sull’editoria digitale, che per la sua natura “liquida” tende a sfuggire alle statistiche ufficiali. Basti pensare a tutto il mondo del self-publishing, degli autori che pubblicano i loro lavori da soli e li distribuiscono tramite i loro siti personali: con la carta non è praticamente possibile (o almeno è parecchio costoso), con il digitale è un fenomeno non solo a portata di mano, ma anche in rapida evoluzione. Così come fioriscono i piccoli editori digitali, che, a differenza dei loro colleghi cartacei, possono sfuttare un prodotto dai costi decidamente più contenuti, sia in temrini di materiali che di distribuzione. In questo caso il digitale accoppiato con il web rende più “democratica” l’industria editoriale. Ma allo stesso tempo rende più difficile la valutazione economica del fenomeno.