Per il Bitcoin, con la B maiuscola nel senso di sistema per transazioni certificate senza intermediari, arriva l’halving, il dimezzamento di bitcoin (con la b minuscola perché si tratta dei token che garantiscono il funzionamento di quel sistema) che vengono emessi più o meno ogni dieci minuti come ricompensa per il “lavoro” dei miners. Il sistema è complesso, d’altra parte il meccanismo inventato da Satoshi Nakamoto nel 2008 e partito nel gennaio 2009 con il primo blocco della blockchain, è pensato per abilitare transazioni digitali senza dover passare per intermediari che le certifichino, anzi proprio in contrapposizione al vecchio sistema finanziario. Cerchiamo di capire meglio!
Cos’è l’halving?
Con l’halving si dimezza di colpo, ogni quattro anni, l’emissione di bitcoin in rete, sotto forma di ricompensa per i miners. Torniamo a spiegare come funziona il protocollo di Bitcoin. I miners sono quelli che utilizzano hardware sofisticato in grado di produrre altissima capacità computazionale per certificare le transazioni eseguite inserendole in un blocco che ogni dieci minuti viene agganciato alla blockchain di Bitcoin, di fatto per garantire il corretto funzionamento del sistema. Ovviamente non lo fanno gratis, anche perché quella capacità computazionale richiede grandi risorse energetiche – ricordate quando si dice che Bitcoin è energivoro? -: il loro compenso deriva in parte dalla commissioni sulle transazioni, ma in massima parte dai bitcoin rilasciati in rete per chi aggancia il blocco risolvendo un complesso quesito informatico.
Come avviene?
All’inizio ogni blocco agganciato veniva ricompensato con 50 bitcoin, poi con i progressivi dimezzamenti si è arrivati a 6,25 bitcoin, che comunque ai valori attuali sono pari a circa 400mila dollari. Le server farm dei miners lavorano in continuazione per risolvere il quesito e garantirsi queste ricompense, effetto di quel meccanismo di consenso che va sotto il nome di “proof of work”, dal momento che il consenso per certificare le transazioni viene conseguito attraverso un “lavoro” effettuato. Per garantire il mantenimento dell’emissione ordinata e che garantisca la scarsità relativa di bitcoin Satoshi ha programmato il sistema perché ogni quattro anni – in realtà esattamente ogni 210mila blocchi “minati” – sia dimezzata l’emissione di bitcoin in rete. L’halving 2024, il quarto della serie, arriva nelle prime ore del 20 aprile (ora Cet) e porterà l’emissione a 3,125 bitcoin, pari quindi a circa 200mila dollari se le quotazioni rimarranno invariato. Ma vedremo che in passato non è stato mai così!
A cosa serve?
L’halving è uno degli eventi più importanti del mondo Bitcoin perché ha una funzione rilevante, funzionando alla stregua di un meccanismo di inflazione controllata. Infatti, a differenza delle valute fiat che possono essere emesse senza alcun limite e che anzi si svalutano proprio perché la massa monetaria cresce in continuazione con un valore eroso dall’inflazione conseguente, il protocollo messo a punto da Satoshi contempla un’emissione limitata: i bitcoin in circolazione non potranno superare i 21 milioni di unità. Oggi siamo poco sotto i 19.700.000 bitcoin emessi sul mercato, si prevede che l’ultimo bitcoin sarà minato attorno al 2140. Ma intanto il meccanismo di dimezzamento automatico dell’emissione garantisce la scarsità della criptovaluta. Bitcoin è stato programmato insomma per essere una risorsa scarsa, una sorta di oro per l’era digitale, come lo considerano in molti.
Che effetti ha?
In teoria il dimezzamento in termini nominali della ricompensa per i miners costringe questi ultimi a operare con maggiore efficienza, riducendone la redditività. Quelli che utilizzano hardware meno efficiente o che sfruttando energia costosa vengono esclusi essendo costretti ad abbandonare la loro attiv ità che non è più redditizia. Come sottolineano Valeria Portale e Giacomo Vella, co-direttori dell’Osservatorio Blockchain del Politecnico di Milano, “dopo i primi tre halving di Bitcoin, abbiamo visto significative riduzioni nel tasso di hash della rete, che è un indicatore della potenza di calcolo complessiva impiegata per minare bitcoin. Queste riduzioni negli ultimi tre halving sono state rispettivamente del 25%, dell’11% e del 25%. Nonostante questi cali temporanei, nel lungo periodo l’hashrate di Bitcoin ha costantemente seguito una traiettoria ascendente, dimostrando che si tratta solo di fasi di riassestamento temporaneo nell’industria del mining”. Perché la potenza di calcolo del sistema ha continuato ad aumentare nonostante il dimezzamento delle ricompense?
Quale effetto sulle quotazioni?
In realtà la storia di quindici anni di esistenza di Bitcoin dimostra che la teoria economica sottostante finora ha funzionato: la scarsità di bitcoin, garantita proprio dall’halving, si è ripercossa in una progressiva rivalutazione della criptovaluta, che di fatto ha garantito una ricompensa in continua crescita ai miners. A fare i calcoli sono sempre Portale e Vella: nel 2012 la ricompensa pre-halving di 50 bitcoin era pari a 550 dollari con una quotazione di 11 dollari. Già nel 2016 il bitcoin era salito a quota 650 dollari, con una ricompensa pari a 16.250 dollari per i 25 bitcoin. Nel 2020 i 12,5 bitcoin valevano ciascuno 8.740 dollari per un totale di 109.250. Oggi, come detto, siamo a 64.000 dollari di quotazione per un totale di circa 400mila dollari per i 6,25 bitcoin. Il dato di fatto è che ogni halving in passato è stato seguito, generalmente nei dodici mesi successivi, da una corsa verso nuovi record che andavano a compensare ampiamente il dimezzamento della ricompensa, dal momento che l’halving comporta una significativa contrazione dell’offerta sul mercato.
E oggi?
Trattandosi di un mercato, tanto iù di uno strumento ad altissima volatilità come bitcoin, non c’è nessuna garanzia che questa tendenza si ripeta pari pari anche questa volta, con una partenza al rialzo pronunciato nei prossimi mesi. Anzi molti analisti ritengono che questa volta le quotazioni possano anche crollare, dal momento che il mercato ha anticipato il rialzo prima dell’halving. Negli ultimi dodici mesi il bitcoin è più che raddoppiato passando da 28mila ai 64mila dollari attuali, con un picco sopra quota 72mila più o meno un mese fa. A soffiare nelle vele delle quotazioni c’è anche la domanda derivante dall’approvazione degli Etf spot su bitcoin approvati a inizio anno dalla Sec americana e ora estesi anche a Hong Kong. La progressiva apertura delle criptovalute alla finanza tradizionale e agli operatori più restii sull’onda di colossi come BlackRock dovrebbe garantire in prospettiva ulteriori rivalutazioni delle quotazioni. Ma non è deto che il trend delle altre volte venga replicato fin da sub ito. Il dato di fatto del meccanismo di Satoshi è che dalle prossime ore il bitcoin diventa tecnicamente più scarso dell’oro: oggi ci vorrebbero circa 56 anni e mezzo per produrre la quantità di oro esistente, mentre il bitcoin dopo l’halving balzerà a 118 anni sulla base del modello dello “stock to flow” citato da Vito Lops sul Sole 24 Ore. Insomma, l’halving riafferma il modello di inflazione controllata del bitcoin e rafforza la possibilità di essere considerato un bene scarso. Mentre i miners si adattano a una riduzione dei guadagni, gli investitori decideranno cosa fare sul mercato: soprattutto, se davvero bitcoin è da considerare come oro digitale.
Quando non ci sarà più l’halving?
Cosa succederà nel 2140, quando i 21 milioni di bitcoin saranno sul mercato e non ne verranno emessi più sotto forma di ricompensa? Di halving ce ne saranno stati ben 28, la ricompensa sarà ridotti a pochi “satoshi”, ma poi sarà azzerata. I miner dovranno limitarsi a certificare i blocchi della blockchain accontentandosi delle commissioni legate alle transazioni. Chissà allora quanto varrà il bitcoin. E soprattutto chissà se sarà ancora utilizzato: per esistere esiterà ancora!