Dopo la crisi del 2008 che ha avviato una lunga fase recessiva, le Banche centrali di tutto il mondo hanno adottato una politica monetaria espansiva. Hanno cioè ridotto progressivamente i tassi d’interesse per ridare fiato all’economia, con l’obiettivo di favorire una maggior circolazione del denaro e una maggior facilità dei prestiti a favore dei consumi e delle imprese. Li hanno portati un po’ in tutto il mondo fino a zero, per poi adottare misure di allentamento monetario non convenzionali, il famoso quantitative easing, l’acquisto di titoli di stato da parte delle Banche centrali per aumentare liquidità nel sistema, soprattutto per le banche in modo da poter fornire fondi all’economia reale a costi contenuti.
Ora la Fed ha già innestato la retromarcia, avviando un ciclo di rialzo dei tassi, mentre in Europa la Banca centrale europea prosegue con una politica espansiva e con dichiarazioni che lasciano presagire l’avvicinamento del tapering, il rallentamento degli acquisti che potrà condurre a una stretta monetaria, a un rialzo del costo del denaro. In effetti la ripresa sta acquistando convinzione, prima negli Stati Uniti e ora anche in Europa, in uno scenario che sembra da favola, alla Riccioli d’oro (Goldilocks economy), come si usa dire in slang da economisti sulla base della storia dei tre orsi: una ripresa solida, con bassi tassi d’interesse e bassa disoccupazione, ma a ritmi tali da non provocare pericolosi surriscaldamenti in termini di inflazione.
Le Banche centrali hanno quindi raggiunto il loro obiettivo. Ma Vito Lops ci apre uno squarcio un po’ diverso: il collega ci segnala sul sito del Sole 24 Ore che il valore complessivo delle Borse globali ha superato il valore del Pil mondiale: 77.700 miliardi di dollari (valore di venerdì scorso) contro 75.500 miliardi (a fine 2016). E se le previsioni di crescita fossero confermate e le Borse si stabilizzassero su questi livelli, il sorpasso sarebbe confermato anche a fine anno.
E’ evidente che si tratta di dati indicativi che hanno valore statistico, ma che indicano un deciso superamento dell’economia finanziaria rispetto a quella reale. Tanto più se si va a guardare l’andamento di questi ultimi anni: come sottolinea Lops, le Borse globali hanno guadagnato dal 2009 il 150%, mentre il Pil globale si è raddoppiato nello stesso periodo. Il forte sostegno delle Banche centrali – oltre 15mila miliardi iniettati sul mercato dal 2009 – è servito quindi apparentemente più a finanziare gli investimenti finanziari che non l’economia reale. E’ chiaro che si tratta di un ragionamento molto grossolano, anche perché non tiene conto del contributo che il ritorno degli investimenti finanziari, con Borse che stanno vivendo un ciclo rialzista che dura ormai da nove anni, ha avuto sulla crescita dei consumi e del Pil.
Ma i dati sono indicativi di una tendenza a favore degli investimenti finanziari, che rischia di essere “pagata” se i corsi azionari arrivassero a una correzione che potrebbe anche essere rovinosa tenendo conto dei livelli di sopravvalutazione raggiunto dai valori di Borsa. Basta pensare che le cinque grandi dell’hi-tech valgono oggi più di 3mila miliardi, più del Pil di un Paese del G-7 come la Francia.